“La stanza rossa”: l’inno alla vita di Giovanna Politi

Di Federica Leaci, IVAL – Liceo Linguistico Cambridge

Nel corso delle giornate di lunedì 20 e martedì 21 dicembre, gli studenti delle classi quarte e quinte del Liceo “Pietro Siciliani” di Lecce hanno incontrato, presso la sede centrale e nella succursale, la scrittrice Giovanna Politi per la presentazione del suo nuovo romanzo, “La stanza rossa” (Graus Edizioni, 2021),  precedentemente guidati dalle docenti nella lettura del testo.

In questo suo ultimo capolavoro, altamente personale, la scrittrice si lascia andare ad un’analisi introspettiva del suo vissuto, attraverso i “flussi di coscienza” di un personaggio insolito e misterioso: la sessantanovenne Alba Ranieri, conosciuta dalla protagonista Laura in seguito ad un incontro su un treno per Milano, che forse non era poi così fortuito.

Attraverso il suo viaggio nella “casa delle stanze”, Laura rivive le bellezze della sua infanzia e adolescenza trascorse nel Sud Italia, esaltato dalla Politi e descritto così fedelmente che ai ragazzi del Liceo leccese è sembrato quasi di leggere la propria storia.

Laura scopre le parti più profonde di sé e rivede momenti felici e bui della sua vita, senza mai rimpiangerne un solo istante: è proprio questo l’obiettivo del libro, quello di fungere da monito ai

suoi lettori a non farsi bloccare dalla paura, ma di vivere tutto con autenticità, buttandosi a capofitto in nuovi inizi, per poter godere della “profonda leggerezza” che caratterizza una vita vissuta con intensità, fuggendo dagli schemi.

Gli studenti e le studentesse sono rimasti catturati dalle parole dell’autrice, la quale non si è limitata a descrivere il suo nuovo libro, ma ha parlato loro di bellezza, di poesia e dell’importanza dell’arte nella vita di tutti.

Sono questi i temi che vengono ampiamente approfonditi in “La stanza rossa”, un romanzo che fa

venire voglia di innamorarsi, di innamorarsi della vita.

 

“La stanza rossa”: conversazione con Giovanna Politi

Di Francesca Fasiello, Jacopo Solazzo, Aurora Tafuro, Francesco Tarantino

5BL, Liceo Linguistico Esabac.

Abbiamo riunito, in queste righe, alcune riflessioni emerse nel corso dell’incontro con Giovanna Politi.

 “Ritorni di vaniglia”: così si intitola il capitolo 4. Molti i profumi in questo romanzo, a partire dall’odore buono di Alba quando sale sul treno. E sono tutti ‘profumi – madeleine, come la madeleine di Marcel Proust nella “recherche”, perché evocano memorie: l’odore di zucchero filato e vaniglia, il profumo del primo diario segreto di Laura, etc. Questo ‘profumo del tempo perduto’ suscita in Laura una memoria leggera, infatti, a p. 24, l’autrice scrive:

“All’improvviso provai la sensazione leggera del peso specifico di una piuma, tutto era magicamente scomparso: responsabilità, impegni, riunioni e articoli da consegnare”.

Un’altra suggestione che la lettura del romanzo ha evocato è una poesia di Antonio Machado, tratta dalla raccolta “Campos de Castilla” del 1912. È, più precisamente, un frammento che appartiene alla sezione “Proverbios y cantares”  (la poesia è indicata con il numero XXIX).

“Caminante, son tus huellas

el camino, y nada mas;[…]

Caminante, no hay camino,

sino estelas en la mar”.

 

“Viandante, sono le tue impronte

il cammino, e niente più,  […]

Viandante, non c’è cammino,

soltanto scie sul mare”.

 

Secondo Machado, nella costruzione del futuro non contano partenze o arrivi, ma conta procedere senza voltarsi, conta cadere e risollevarsi, e continuare, ancora, a camminare. C’è un cammino interiore, un esercizio interiore, ed è un insieme di ‘huellas’: abbiamo ritrovato in Laura quella figura affascinante di viandante (il romantico ‘Wanderer’), un'avventuriera dello spirito; nelle cinque stanze che apre, abbiamo ritrovato le ‘huellas’ di cui scrive Machado, impronte che segnano il passaggio nel tempo, nella storia e nella conoscenza.

 “Andare. Restare”, infatti, è il titolo del capitolo 3 e il titolo ci riguarda da molto vicino. Laura prova attrazione per il nuovo, per Milano che è definita con un aggettivo insolito, ‘mistica’ (p. 16), perché, invece, generalmente è presentata come frenetica, stressante, come un luogo che comprime tempi e sentimenti della gente; e poi c’è un Sud, che è ‘questo’ Sud, il nostro Sud, infatti scrive di Milano:

“L’amavo smodatamente, però poi di tanto in tanto mi era necessario prendere le distanze da lei per correre al Sud, dove il mio cuore non aveva mai smesso di battere”.

C’è il mare di Leuca, c’è “la luce che emana il rosone di Santa Croce intorno alle 16:00 di un pomeriggio qualunque d'estate, quando il sole si rifrange sul bianco appena restaurato della pietra leccese”.

Anche nel corso della conversazione, l’autrice ci ha invitato al viaggio, al sogno, alla scoperta del nuovo, perché possono coesistere, coabitare, senza soffrire, l’attrazione per il nuovo e il luogo dell’anima.

 Eppure, “c’è chi i sogni non li vive e chi vive soltanto di sogni”, scrive Giovanna Politi a pagina 20: c’è, nella letteratura russa, un romanzo di un autore che la scrittrice ci ha confessato di amare molto e che definisce proprio la metafisica del sognatore: un giovane scrittore solitario e perso nelle sue fantasticherie - che resta anonimo - vagabonda per San Pietroburgo. Durante una sua passeggiata notturna, fa l’incontro che accende la sua esistenza: incontra Nastenka. Il romanzo è “Le notti bianche” (1848) di Fëdor Dostoevskij: nella metafora delle cinque stanze, abbiamo rivisto le quattro notti in cui si svolge il romanzo di Dostoevskij. Vi invitiamo, allora, a tentare l’attraversamento delle ‘stanze’ immaginate da Giovanna Politi con i sentimenti che caratterizzano la sua protagonista: con fantasia, leggerezza, passione, innocenza e forza di sognare.